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Prefazione

Nel panorama italiano dei cori cosiddetti “di ispirazione popolare” (definizione relativamente recente che è parsa più comprensiva della corrente definizione “di montagna”, anche perché molti cori non sono per nulla “di montagna”) non sono purtroppo molti i gruppi che si sono impegnati (e s’impegnano) a formare un loro repertorio non nella ripetizione di repertori altrui, ormai frusti e in troppi casi direttamente o indirettamente discendenti dall’esperienza della SAT o nell’assunzione di nuove composizioni che soltanto in pochi casi si presentano effettivamente con valori di qualità e di aggiornata novità, ma affrontando con serietà una propria ricerca, nello spazio geografico e culturale loro proprio.

Credo che pioniere coraggioso lungo questa strada sia stato Amerigo Vigliermo con i suoi amici di Bajo Dora, al quale va il merito non soltanto d’aver svolto uno straordinario lavoro di ricerca sul campo (del quale ha dato testimonianza, pubblicando i materiali originali), ma anche d’aver cercato, pur nel “sistema” del coro organizzato, uno spirito e un colore, potrei dire un “ande”, che è riflesso stilistico diretto della tradizione vocale canavesana.

Il lavoro che gli amici di Domodossola già hanno proposto con un primo volume ed ora propongono con un secondo ci offre un caso che mi pare unico nel quadro dell’editoria “corale” italiana. Il volume ci offre, infatti, le elaborazioni che per il coro hanno steso valenti musicisti (e piu d’una di queste sfugge alla banalità e propone soluzioni interessanti, stimolanti, non ovvie ma neppur astrattamente pretenziose), alla portata della nostra esperienza corale. Non si tratta, in queste operazioni che hanno per fine la reale utilizzazione delle elaborazioni da parte dei nostri cori, di immaginarsi di essere Bela Bartók.

Ma il volume che ora appare (come il precedente, del resto) ci offre di ogni canto non soltanto dove è stato raccolto e dalla voce di chi, con opportune annotazioni, ma anche la trascrizione, e, in un cd allegato, una parte delle registrazioni originali. La trascrizione è ovviamente semplificata (ma non infedele o arbitraria), non destinata agli studi etnomusicologici, ma più che sufficiente per garantire anche ai nostri studi una documentazione molto estesa della tradizione popolare ossolana. Questo materiale, che pone ciascuno in grado di giudicare e valutare il lavoro dell’elaboratore, ci viene da un territorio, appunto l’Ossola, che è stato pochissimo osservato e studiato per quanto attiene alla musica di tradizione popolare. L’Ossola costituisce, infatti, un vero “buco” per quanto riguarda l’etnofonia del Piemonte che, per la maggior parte del suo territorio, ha visto l’opera di ricercatori particolarmente attenti e tenaci, i quali ci hanno dato conoscenze estese e preziose (anche se, purtroppo, molto del materiale registrato rimane inedito), che si sono aggiunte al lavoro di antecedenti studiosi e musicisti, quali (per i testi, se non per le musiche) Giuseppe Ferraro e Costantino Nigra e, con un contributo eccezionale per quanto riguarda le musiche, Leone Sinigaglia.

Per la verità alcuni anni fa, precisamente nel 1977, Piero Sassu (purtroppo prematuramente scomparso proprio in questi mesi) e Isa Melli condussero una bella ricerca in Ossola, per incarico della Comunità montana, toccando la zona di Bognanco e di Montecrestese, Beura, Colloro, Trontano, Vogogna e la stessa Domodossola. Di questo prezioso materiale (ore e ore di registrazione su nastro magnetico), del tutto inedito, per fortuna esiste copia: non sarebbe il caso che qualche istituzione prendesse l’iniziativa di pubblicarlo?

In questo quadro il lavoro di ricerca che il volume che ora appare (come quello che lo ha preceduto) ci offre si presenta ancora più utile e benvenuto (e non soltanto per i cori).

Roberto Leydi

Orta San Giulio, ottobre 2001

 

 

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