FORMU MONTE LEONE - 10 AGOSTO 2002

 

 

 

Varzo - San Domenico                                                  10 Agosto 2002

 

L'Alpe veglia; la transumanza, usi e costumi

 

 

Arturo Lincio

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Sindaco di Trasquera

Presidente del Distretto dei Laghi e delle Valli Ossolane

 

 

 

Così Tullio Bertamini, storico Ossolano, ricorda il nostro passato : attorno all'anno 1000 la Valle Divedro è un feudo e proprietà di diversi Signori, tra cui dominano il Vescovo di Novara signore della Corte di Mattarella e i Conti di Biandrate.

 

Questi ultimi inseriscono nel bel mezzo delle comunità latine quelle colonie walser che dal Sempione scenderanno ad occupare la Val Vaira con i suoi pascoli, Gondo e Frassinodo e che, passate sotto la giurisdizione temporale del Vescovo di Sion , avranno forti contrasti con gli alpigiani di Paglino, di Bugliaga, di Trasquera , di Varzo e della Valle Bognanco.

 

Abigeati, saccheggi, incendi e omicidi divennero all'ordine del giorno, come precedentemente illustrato dalla relazione di carattere storico presentata in  questo convegno. Si segnala che a seguito di saccheggi, incendi e omicidi da parte della comunità valdivedrina, un grosso contingente armato di svizzeri scese a razziare a Trasquera e Varzo oltre mille capi di bestiame mettendo in ginocchio l'economia della valle.

 

Dopo estenuanti trattative, il 5 marzo 1456 presso la Chiesa di San Marco di Paglino a Trasquera fu finalmente firmata una pace duratura, stabile e rispettata da entrambe le parti. Così tra le altre condizioni, il bestiame requisito rimase proprietà dei vallesani e l'Alpe Veglia tornò ad essere un pascolo della Valle Divedro.

 

Già gli Statuti del 1321 avevano stabilito che il 24 giugno, festa di San Giovanni Battista, iniziasse il pascolo che doveva terminare il 24 agosto con la festa di San Bartolomeo. Il 24 giugno venivano benedetti i fiori di San Giovanni , erbe e fiori dei prati che venivano portati all'alpe per essere mescolati alla pastura del bestiame  e bruciati sulla porta delle casere e delle stalle all'avvicinarsi del temporale. Con questo atto religioso di devozione iniziava l'alpeggio.

 

Tutti quelli che avevano bestie all'alpeggio per consuetudine dovevano dare l'intero prodotto del latte di un giorno alla raccolta della decima dei parroci. Una consuetudine questa praticata da tempo immemorabile. Il parroco salendo all'alpe celebrava una importante messa nel giorno  di San Giacomo (25 luglio), festivo e di precetto, in cui riceveva la decima. San Giacomo era uno dei patroni dell'alpeggio insieme a San Bernardo e a San Giovanni Battista nelle cui ricorrenze si facevano delle feste.

 

Di qui la necessità di avere una cappella anche a Vaglia attorno alla quale si potesse radunare la gente dell'Alpe. Anche la Cappella del Groppallo aveva la funzione di cappella rifugio posta là dove serviva riparare il viaggiatore sorpreso  dal cattivo tempo durante la salita all'Alpe Veglia.

Venendo ai tempi più recenti, come ricorda l'Ing.Giovanni Brocca, nel 1932,  "Trasquera ha un poco di segala e molti pascoli, per cui si mantengono molte vacche, che sono l'unico mezzo di sussistenza degli abitanti, i quali vanno pure girando come quelli di Varzo.

 

Gli uomini escono e girano la Germania la Francia la Polonia e persino la Russia , facendo vari mestieri e lavorando principalmente la latta e lo stagno. I loro guadagni e il prodotto delle Alpi, che si estendono a miglia, suppliscono alla mancanza dei generi e danno a questa popolazione una certa agiatezza a confronto di tant'altre."

 

Il perché dell'emigrazione, che segna una irreversibile discesa dell'agricoltura, è ben detto nell'intervento del deputato per l'Ossola al Parlamento Avvocato Calpini, nell'anno 1897 : il nudo elenco dei privilegi soppressi non ha bisogno di commenti e spiega l'ondata di emigrazione che è difatti contemporanea e contestuale.

Scrive nella memoria del 1879: "Scarsa produzione del terreno, gravezza delle imposte e progressivo rincaro dei viveri: da oltre ottant'anni i contadini si diedero ad emigrare e oggidì l'emigrazione aumenta di giorni in giorno.

 

Con l'ingiusta pretesa di eguagliarci alla popolazione delle altre Provincie dello Stato in maggiori condizioni economiche per maggiore ubertosità dei terreni, il Governo ci tolse tutti quei privilegi che furono acquistati a titolo oneroso dai nostri avi e che erano un compenso della sterilità della Regione" ed elenca i privilegi aboliti : del sale (1848), della carta bollata e dell'esenzione della tassa di registro (1850), della tassa di consumo (1851), libera coltivazione del tabacco (1862), imposta fondiaria sui terreni (1864). Vennero poi introdotte le tasse sui mulini, sulla grappa e kirsch (che veniva prodotto anche  a Trasquera), sui caprini, sul godimento dei beni comunali e sulla regolamentazione burocratica e amministrativa.

 

Per concludere, alcuni dati significativi. All'Alpe Veglia, 1308 ettari di pascolo puro, 653 di pascolo arborato, 116 di bosco, 1173 di area improduttiva, a fronte di una popolazione  della Valle Divedro, nel 1921, di 3923 abitanti, e che ha toccato le 4534 unità nel 1911, con la parentesi di oltre 8000 persone nell'epoca  della galleria del Sempione,  con  352 proprietari proprietari di bovine che nell'anno 1900 disponevano di 573 vacche 533 giovenche 713 capre e 51 pecore censite,  si è passati da 93 famiglie dedite esclusivamente all'agricoltura nel 1900 a 52 famiglie nel 1929 alle poche unità di oggi.

 

L'Alpe Veglia rappresenta, oggi come ieri, una risorsa foraggera indispensabile per il mantenimento del patrimonio zootecnico della Valle Divedro e le date di inalpamento sono ancor oggi decise secondo gli antichi regolamenti.

 

Le nuove abitudini di vita e le crescenti difficoltà dell'agricoltura montana, posta in condizioni di forte disparità rispetto alle altre attività, pongono l'esigenza di identificare interventi validi di sostegno.

 

L'alpeggio va infatti considerato attività fondamentale per il mantenimento delle eccezionali caratteristiche ambientali riconosciute anche con l'istituzione del Parco Naturale.