FORMU MONTE LEONE - 10 AGOSTO 2002
Varzo – San Domenico 10 Agosto 2002
Ricordi di famiglia raccolti su alcune ascensioni
fatte fra il XIX e il XX secolo
Giorgio Roggia
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Discendente di una delle guide storiche del
Monte Leone (Vittorio Roggia)
Ricordo del
nonno Vittorio
Alberto Casagrande, mio cugino purtroppo defunto l’anno scorso, ha effettuato una approfondita ricerca negli archivi del comune di Varzo e soprattutto in quelli parrocchiali sulla mia famiglia, ed é risalito fino al lontano 1600. Purtroppo non e’ riuscito andare oltre nella sua ricerca, perché gli archivi sono andati distrutti da un incendio.
In questa ricerca trovo’ un “Ruggia Jovannini” nato a Varzo nel 1600 circa e dalla analisi dell’albo di famiglia trovo, dopo otto generazioni, nonno Roggia Vittorio (1864 - 1934) figlio di Giovanni, primo gestore dell’Albergo Monte Leone, nonché maestro elementare.
Il nonno Vittorio,
diventa nel 1892 la prima guida alpina della Val Divedro e seconda guida
dell’Ossola, dopo Marani (Val Antrona).
Come la maggior parte
degli abitanti della valle Divedro, anche Vittorio Roggia era un abile
cacciatore, soprattutto di camosci. Questa passione gli ha dato l’opportunità
di esplorare in lungo ed in largo le nostre montagne conoscendone tutti i
segreti.
Ancora prima che
diventasse guida era salito da solo sulla punta del Mottiscia, dove aveva
edificato un ometto di sassi, per dei topografi.
Nel 1892 scalo’ per
la prima volta la parete Est del Monte Leone.
Con lui c’erano Carlo
Cressini e Franz Jarba (austriaco dal passato misterioso).
Quest’ultimo, intimo
amico del nonno e ardito cacciatore, lo accompagnava sovente nelle sue imprese
ed inoltre aiutava la famiglia Roggia a preparare i pranzi a base di selvaggina
e polenta per i villeggianti (Sciori)
dell’albergo.
Si racconta che una
volta (inizi 1900), il nonno (guida alpina) capo cordata e Franz ultimo della
spedizione, stavano portando sul Monte Leone parecchi clienti.
Salendo con parecchia
fatica, perché pochi giorni prima aveva nevicato, il povero Franz, era
particolarmente in difficoltà. Infatti, il giorno prima l’aveva trascorso
rassettando la cantina e a bere fino a addormentarsi.
Ed ecco il ricordo,
tramandato da generazione in generazione!
Il gruppo continuava
nella ascensione al Monte Leone quando, in coda, Franz faceva degli strani
rumori corporali simili a dei tuoni.
I clienti più vicini
al nonno, non capendo cosa fossero quei rombi gli chiesero dei chiarimenti, e
lui con un certo imbarazzo ma con quella sicurezza che e’ tipica di una guida
alpina, spiego’ che si trovavano all’incirca sopra la galleria del Sempione e
che in quel momento i minatori sparavano delle mine ed il rumore si sentiva
fino lassù.
Ovviamente i clienti
che erano più vicini al Franz, avevano tutt’altra idea della cosa.
La salita quel giorno fu molto dura, vuoi per le condizioni del terreno e per lo stato fisico di Franz, ma la discesa andò molto meglio.
Il sole aveva sciolto la neve caduta e Franz si era liberato di tutte le tossine accumulate.
Al rientro, avendo
dimenticato le disavventure di Frank, dopo una abbondante mangiata di polenta e
camoscio tutto il gruppo, guide e clienti, decise di ballare al suono di un
organetto (vertical) con le donne (al femin) di Sciori e le cameriere
dell’albergo.
Poi tutti a nanna a
sognare quella magnifica montagna conquistata con coraggio, fatica e
l’avventura di Franz.
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Il nonno Vittorio si
sposo’ con Marianna Re’ originaria di Trasquera (Bugliaga), ed ebbero cinque
figli:
due femmine e tre
maschi ai quali trasmise il suo amore per la montagna e di conseguenza i maschi
diventarono a loro volta guide alpine.
I libretti di “Guida
Alpina” di Renato, Alfonso (Adolfo per gli amici e parenti)e papa’ Corrado
contengono molti elogi dai loro clienti e tuttora detti libretti sono custoditi
gelosamente dai figli.
Raccontava mia madre
che conobbe mio padre, lungo la mulattiera che da Varzo saliva a San Domenico e
poi all’Alpe Veglia.
Mio papa’ quel giorno
era salito al Rebbio con dei “Sciori” originari di Varzo che ancora oggi, i
discendenti della stessa famiglia, possiedono una magnifica villa antica a
Varzo ed una casa di vacanza all’Alpe Veglia.
Sceso dal Rebbio,
come era solito fare, mio padre parti’ con il mulo per Varzo, dove il mattino
successivo carico’ il mulo di provviste per questi signori e riparti’ per
l’Alpe Veglia. Con lui salirono le due cameriere della Famiglia una delle quali,
sarebbe diventata mia madre.
Il percorso da Varzo
fino all’Alpe Veglia fu fatale per la nuova coppia, dopo qualche anno ebbero
quattro figli: tre maschi tra i quali io ed una femmina.
A mia madre Laura, le
si deve rendere merito di averci allevati e educati con fatica e sacrifici, a
volte nell’attesa del ritorno di papa’ dalle sue ascensioni o in autunno, da
battute di caccia ai camosci.
Ricordo una delle
ultime volte o forse l’ultima che mio padre andò con i clienti sul Monte Leone,
era se non ricordo male il 18 Agosto 1958, i clienti erano due gemelli.
Con loro si aggrego’
mio fratello maggiore Vittorio e un suo amico. La giornata si guasto’ e in poco
tempo si trovarono nel bel mezzo di un temporale.
Noi eravamo nella
casa di Nembro e la mamma era particolarmente preoccupata per il rischio
“fulmine” che tutta la spedizione correva.
Quando tornarono
erano fradici ed il tempo era ulteriormente peggiorato, raccontarono che erano
scesi dal Monte Leone correndo perché avevano paura che i fulmini potessero
scaricarsi sulle piccozze o sui ramponi.
Come potete
immaginare la mamma si rasserenò perché ancora una volta papa’ Corrado, da
buona guida alpina, era riuscito a riportare alla base, sani e salvi, tutti i
componenti della spedizione.
Spero e credo che da
“lassù” questi pionieri ci guidino ad una giusta preservazione di questi luoghi
cosi’ affascinanti e di queste montagne cosi’ maestose e severe.
Loro hanno aperto le
vie, a noi il dovere di mantenerle e farne buon uso.
Grazie per il Vostro
ascolto