La Stampa - Domenica 20 Maggio 2001
Ordinanza del nuovo sindaco a Trasquera, il rischio c’è ancora
I 18 sfollati dell’alluvione devono tornare in albergo
Carlo Bologna
TRASQUERA «Certo che lo sapevamo di essere abusivi. Siamo tornati nelle
nostre case a marzo, non ce la facevamo più». Marina Minetti stira i panni dei
figli di 3 e 9 anni. Finiranno in valigia. Entro domani 18 dei 35 sfollati delle
frazioni Schiaffo Dentro, Schiaffo Fuori e Casali dovranno abbandonare
nuovamente le loro abitazioni. Per loro il sindaco Arturo Lincio ha individuato
il Centro Polifunzionale «La Sotta», albergo e ristorante di proprietà
comunale che domina dall’alto il paese in località La Fraccia.
L’ordinanza è stata firmata ieri. Gli interessati sono stati avvisati. «Il 3
maggio - dice il neosindaco - i carabinieri avevano segnalato che la maggior
parte delle persone evacuate nei giorni dell’alluvione erano tornate nelle
loro case. Il 9 il commissario straordinario ha confermato l’ordinanza di
sgombero del 15 ottobre. E il geologo Paolo Marangon ha ribadito che ’allo
stato attuale non è possibile avere elementi tali da modificare lo scenario di
rischio ipotizzato in precedenza’. Non si sa ancora se la montagna tra le due
frane è stabile. Così per 18 persone abbiamo trovato un tetto. L’albergo era
già stato utilizzato nei giorni dell’emergenza. E’ una situazione del tutto
provvisoria, speriamo di mettere fine al più presto a questi disagi. Siamo alla
ricerca di soluzioni per consentire alle persone una permanenza più dignitosa.
Perchè ci vorrà ancora un anno per avere i risultati definitivi delle indagini
geologiche».
Restano comunque altri 17 sfollati. «E’ un problema. Molti - aggiunge Lincio
- sono da parenti o amici o in affitto da villeggianti. Alcuni sono in altri
Comuni (Montecrestese, Varzo). Ma anche queste sistemazioni possono venire meno.
Pensiamo di realizzare un prefabbricato in legno o qualcosa del genere. Qui
l’inverno arriva presto. Di sicuro non vogliamo una baraccopoli».
Per ogni persona il Comune corrisponderà 70 mila lire al giorno a coprire le
spese di vitto e alloggio. La cifra graverà sui fondi della Protezione civile.
I nuclei familiari non verranno smembrati. Per l’assegnazione di alcune camere
si è ricorso anche al sorteggio. E dei problemi inerenti alla nuova evacuazione
si parlerà nel Consiglio comunale aperto del 26 maggio.
Comprensibile lo stato d’animo della gente di Schiaffo. «Noi dobbiamo restare
qui almeno fino alla fine del mese - dicono Italo Strigini e la moglie Gemma -
perchè dobbiamo accudire alle pecore. Sono una ventina, dobbiamo aspettare
ancora per mandarle all’alpe Veglia fino a ottobre. Quando ci hanno sfollati
siamo andati in una casa in affitto, poi siamo tornati. Per le bestie, per fare
fieno. Avevo due mucche, le ho vendute tre giorni fa ma non posso mandare al’aria
tutto».
«Come si fa a vivere in una stanza d’albergo - aggunge Marina Minetti - con
due figli, i compiti da fare, i giocattoli? E’ un gran disagio, meglio una
casa in affitto».
Gaudenzio Sartore abita a Domodossola ma torna spesso a Schiaffo: «Qui non ci
sono pericoli. E quando piove state tranquilli che ce ne andiamo tutti senza
aspettare le ordinanze».
Valeria Minetti ha ancora negli occhi le immagini di Carletto Nanzer che la
saluta. Pochi minuti dopo l’uomo - unica vittima dell’alluvione - spariva
con tutta la casa: «Da ottobre ho vissuto in tre alloggi diversi. Ma ho due
cani lupo, come faccio ad abbandonarli? Se continua così rischiamo davvero di
andare via tutti».
Anche la casa di Lorenzo Sartore è tra quelle «proibite»: «Abito a
Domodossola ma sono qui ogni fine settimana. Si facciano piuttosto i lavori a
monte, si sistemino i massi pericolanti. Due mesi e siamo a posto. La mia casa
fu costruita nel 1512. E’ ancora in piedi».