La Stampa - Domenica 27 Maggio 2001

 

Consiglio comunale aperto nel paese duramente colpito dall’alluvione

«Quando torneremo a casa?»
Trasquera, angoscia e disagi degli sfollati

 

TRASQUERA
«Quando potremo tornare nelle nostre case?» E’ la domanda che angoscia gli sfollati di Trasquera e si ripete più volte nel corso del consiglio comunale aperto ospitato ieri al ristorante «Alpino». A proporla anche l’ex sindaco Gianfranco Baudin, oggi consigliere provinciale. La sala è gremita. Il neosindaco Arturo Lincio non può ancora rispondere: «Non conosciamo le conclusioni del servizio geologico, oggi possiamo soltanto configurare degli scenari e darci da fare affinchè le certezze arrivino il prima possibile. L’augurio è di tornare nelle case di Schiaffo con una grande festa».
Però bisogna essere pronti a tutte le evenienze. Se le cose dovessero andare malissimo le case degli sfollati saranno abbattute e ricostruite altrove, nello stesso Comune. «In questo caso - dice il sindaco - sono previsti finanziamenti statali per coprire il 100% del valore della prima casa e del 75% se si tratta di seconda casa. Ricordiamo che questo è uno scenario ipotetico».
C’è un problema di tempi e su questo il Consiglio comunale si è impegnato: sono passati otto mesi dall’alluvione, altri ne passeranno prima del responso definitivo dei geologi. Bisogna garantire agli abitanti di Trasquera che patiscono questi gravi disagi il diritto agli indennizzi. Occorre un decreto governativo che contempli i danni dell’alluvione anche quando sono riconosciuti a posteriori.
«Non vogliamo vivere in una camera d’albergo» ha ripetuto chi è ospitato al Centro polifunzionale La Sotta. E Lincio, venerdì a Roma al centro di protezione civile proprio per cercare soluzioni abitative alternative, ha risposto: «Stiamo individuando un terreno urbanizzato e in piano per chalet prefabbricati. Ma devono essere le famiglie oggi a La Sotta a chiederlo espressamente. Non vorremmo creare qualcosa di inutile».
Il geologo Paolo Marangon ha illustrato gli interventi in corso sulle frane: «Alcuni dicono che si va a rilento, vorrebbero lavori più veloci. Sono in corso due sondaggi: un tubo è stato spinto fino a 83 metri, alla roccia; un altro a 50 metri. Se si sbaglia la verticale delle perforazioni bisogna rifare tutto. Poi si inizierà il monitoraggio, da settembre, infilando dei macchinari nei tubi. Intanto dalla Regione sono arrivati 400 milioni per lavori sulle frane e per garantire la sicurezza del passaggio i massi a monte verranno collegati, attraverso estensimetri, ad un semaforo: basterà un piccolo movimento per far scattare il rosso e bloccare la strada». Agli abitanti di Schiaffo piacerebbe un altro semaforo, naturale: con il sole si resta nelle case, con la pioggia si torna in albergo. Domandano: «E’ possibile?». E’ lo «scenario intermedio», per alcuni è la realtà.