La Stampa
- 23/4/2002
IERI MATTINA RICERCATORI
UNIVERSITARI, REGIONE E CONSORZIO TUTELA HANNO PRESENTATO IL
PROGETTO DI CARATTERIZZAZIONE
Formaggio, «oro» e delizia dell´Ossola
Riparte da Crodo la grande
sfida per il marchio «dop»
CRODO
L´immagine ripresa dal satellite Ikonos II e che compare sullo
schermo inquadra con straordinario dettaglio l´alta val Formazza,
delineando le differenti morfologie del suolo attorno ai laghetti
alpini. Sono gli antichi pascoli delle genti walser, ora patria
del «Bettelmatt». E sarà proprio il principe dei formaggi
d´alpe guidare la riscossa della produzione casearia valligiana,
a cominciare dal marchio «dop». La «tracciabilità» esiste ed
ora si dispone di informazioni scientifiche inedite, prima
impensabili: dai rilievi satellitari all´analisi del terreno, dai
rapporti su foraggio e patrimonio bovino ai test organolettici.
Sono emersi ieri al Centro «Piero Ginocchi» di Crodo, dove
studiosi di chiara fama e dirigenti del Consorzio Tutela Formaggio
Ossolano hanno presentato il «Progetto di caratterizzazione»,
coordinato e coofinanziato dalla Direzione sviluppo
dell'Agricoltura della Regione Piemonte nell'ambito
dell'Iniziativa comunitaria Interreg II Italia-Confederazione
Elvetica.
«E' stata una nuova esperienza di ricerca, interdisciplinare e
interprofessionale - ha detto il dottor Moreno Soster della
Regione Piemonte - che ha consentito di approfondire le conoscenze
del formaggio ossolano in un'ottica di filiera. Sono state così
valutate le potenzialità foraggere e pascolive del territorio, la
gestione della mandria, che nell´Ossola è sostanzialmente
composta da bovini di razza Bruna , le tecnologie di
caseificazione, l'analisi chimica e sensoriale dei prodotti.
L´indagine si è svolta su alpeggi e aziende di fondovalle delle
valli Antigorio e Formazza e ha consentito di definire un quadro
completo delle conoscenze della filiera, giungendo anche a
proporre alcuni strumenti tecnici di gestione produttiva».
E
´ la sintesi di un lavoro durato tre anni, dal 1999 all'autunno
2001, illustrato ad amministratori locali, allevatori e
imprenditori agricoli da uno staff di relatori che ha coinvolto il
pedologo Roberto Salandin dell´Istituto per le piante dal legno e
l´Ambiente («Le terre dell´Ossola»), il professor Andrea
Cavallero del dipartimento Agroselviter dell´Università di
Torino (risorse foraggero-pastorali), i colleghi Marcello Bianchi
per la zootecnia e Giuseppe Zappa, che con Guido Tallone dell´Istituto
lattiero caseario di Moretta hanno esposto gli aspetti
tecnologici, compositivi e sensoriali del formaggio ossolano.
Della parte chimico-nutrizionale ha parlato Marco Arlorio dell´Università
del Piemonte Orientale, sede di Novara. Domenico Braito,
segretario del Consorzio di Tutela, ricordando anche le radici
storiche, ha «disegnato» una filiera che da una quota
provinciale di 66 mila quintali di latte e un patrimonio bovino di
5700 capi di razza bruna, per il formaggio ossolano può muovere
un giro d´affari di almeno 3 milioni e mezzo di euro. «Ma - ha
ammonito Braito - alle 30 mila vecchie lire per chilo del miglior
prodotto deve corrispondere altrettanta qualità, in rapporto
diretto»
.
Per il presidente Giuseppe Maccagno, il progetto di
caratterizzazione «porta risultati interessanti e rappresenta non
soltanto una tappa decisiva verso il marchio dop, ma dimostra
anche la validità del comparto zootecnico ossolano, testimoniato
anche dal recente successo alla fiera di Verona dove una manza
dell´azienda Marco Giannoni di Premia ha vinto il primo premio di
categoria. Ulteriori momenti di qualificazione saranno in questi
giorni l´apertura del nuovo caseificio a Oira e la fiera
interprovinciale della razza bruna a Domodossola».
Pietro Benacchio
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