Discoveryalps Val d'Ossola - 13/2/2002

Presentazione della mostra "Uomini e Montagne"

Uomini e montagne: Le origini dell’Alpinismo sui monti di Veglia
a cura di Paolo Crosalenz


La mostra “Uomini e montagne” permette di conoscere le origini di un tipico mestiere “moderno” della montagna, quello della guida alpina.
Gli anni fra la fine dell’Ottocento e i primi Novecento fu il periodo dell’alpinismo esplorativo nel quale gli alpinisti cittadini, colti e benestanti, si facevano accompagnare da guide valligiane. Le guide conoscevano i luoghi, portavano viveri ed erano garanti della sicurezza durante l'ascensione. Spesso le guide alpine erano anche cercatori di cristalli e grandi cacciatori di camosci e queste attività abituali erano la “formazione naturale” al mestiere.
L'alpinismo esplorativo vede la ricerca di itinerari di salita lungo i versanti non conosciuti delle montagne, non ricerca le difficoltà o la "via" impegnativa ed esteticamente "bella". Il fascino di un versante vergine e mai percorso dall'uomo catalizzava sogni e progetti di quella generazione di guide e di alpinisti. Gli attrezzi erano le "picche", allora evoluzione moderna dell'alpenstock, le pesanti corde di canapa che si irrigidivano se impregnate d'acqua, gli scarponi chiodati. Di chiodi e moschettoni non si fa cenno nelle relazioni dell'epoca. Emerge tuttavia una concezione già "moderna" del salire le montagne, una visione per cui la velocità di progressione diventa fattore di sicurezza a volte più importante dell'assicurazione sui singoli passaggi. Alla base della metodica di scalata stanno le condizioni della montagna e il tempo disponibile: da essi dipendono tecnica e progressione della salita.
L’americano William August Brevoort Coolidge (New York 1850 - Grindelwald 1926) e l’italiano Riccardo Gerla (Milano 1861 - 1927) furono i protagonisti, nell’ultimo decennio dell’Ottocento, dell’esplorazione alpinistica sulle Alpi Lepontine occidentali. Intellettuali dell’alpinismo, percorsero sistematicamente, accompagnati da guide locali, i monti e le creste di Veglia.
Capofila della “scuola milanese” dell’alpinismo esplorativo di fine ottocento (Edoardo Perondi, Democrito Prina, Carlo Cressini e Carlo Casati), Gerla contese a Coolidge la conquista di molte vette e salì dal versante italiano le cime che l’americano saliva da quello svizzero. Una “Punta Gerla” lo ricorda in Devero, tra il Cervandone e lo Schwarzhorn.
Vittorio Roggia (1864 - 1934) fu la prima guida alpina di Varzo. Figlio del gestore dell’Albergo “Monte Leone”, fu il migliore conoscitore dei monti di Veglia alla fine dell’Ottocento. Grande cacciatore di camosci, a 28 anni divenne guida (una delle prime dell’Ossola) e accompagnò i migliori alpinisti milanesi e inglesi della fase esplorativa ricevendone unanimi elogi per la calma sicurezza e il civile comportamento (“We found him besides a well-behaved, civil fellow”). Scoprì la via del Passo d’Avino al Monte Leone e realizzò la prima ascensione della parete sud-est (con Carlo Cressini e Franz Jarba, 1892). Con Gerla e Marani scalò il difficile versante nord-est dell’Helsenhorn (1894). Compì la prima ascensione della Punta di Terrarossa per la cresta sud e del Rebbio per l’accidentato Ghiacciaio di Mottiscia. Vittorio Roggia fu il capostipite di una tradizione di guide valligiane a Varzo e Trasquera che continua anche oggi. Ebbe cinque figli; i tre maschi Alfonso, Corrado e Renato furono brave guide alpine che onorarono la professione e i monti di Veglia.

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