La Padania - 3 Novembre 2000

 

La tutela dell'ambiente come prevenzione dei disastri naturali
La montagna non deve perdere la presenza umana

di Arturo Lincio
Assessore all’Assetto Idrogeologico e Protezione civile

della Provincia del Verbano Cusio Ossola

 

Le alluvioni succedutesi negli ultimi decenni hanno evidenziato le gravi responsabilità attribuibili all’incapacità di programmare una corretta pulizia degli alvei su vasta scala. Queste responsabilità non sono ascrivibili agli Enti locali, ai quali non vengono destinate le necessarie risorse e competenze, ma alla burocrazia e sicuramente agli organi dello Stato ai quali sono attribuiti questi compiti. Vi è da chiedersi perché nessuno indaghi sulla colpevole sottostima dei pericoli, più volte segnalati dagli Enti locali, così come sulla inadeguatezza dei costosissimi strumenti di programmazione scelti dall’Autorità di Bacino. Se le precipitazioni eccezionali, ancorché prevedibili, sono ineluttabili, il trasporto del materiale solido non è solo conseguenza di azioni di dissesto ma è talvolta prevedibile e, per di più, prevenibile o quantomeno contenibile, intervenendo al momento e nel posto giusto con il disalveo. La verità è che nelle precedenti alluvioni, così come in quella recente, le immense quantità di materiali che le acque hanno asportato dai versanti e trasportate a valle, e che si sono accumulate nei fondovalle alpini, come in Val d’Ossola, hanno creato un problema, evidente a tutti salvo che all’Autorità di Bacino, che va risolto con un drastico e rigoroso programma di disalveo. Il grande deposito, al centro degli alvei, dei materiali trasportati dalla corrente e mai rimossi, ha determinato la deviazione delle acque in direzione degli argini con l’erosione delle sponde. Non è necessario essere profeti per comprendere che tale processo è destinato a continuare all’infinito, allargando a dismisura i corsi d’acqua, causando danni e moltiplicando il pericolo. È necessario innanzitutto liquidare la burocrazia. Una autorità unica, che abbia conoscenza del territorio, deve essere presente sul posto per esercitare un accurato controllo sulla pulizia degli alvei: gli inerti potranno essere destinati alla sistemazione e rinaturalizzazione degli argini. Sostenere che tutto si possa risolvere con i divieti e l’inedificabilità è illusorio. È vero che le scelte urbanistiche errate degli Enti locali e dei cittadini hanno spesso concorso ad accrescere l’entità degli effetti delle alluvioni, ma insieme alla eccezionalità degli eventi, all’origine dei danni ci sono stati l’incuria e l’abbandono dei corsi d’acqua, che permangono! I finanziamenti messi fino ad oggi a disposizione da parte dello Stato per gli interventi “di prevenzione” del dissesto idrogeologico sono stati e sono del tutto insufficienti. Subito dopo l’alluvione abbiamo ascoltato, anche attraverso gli organi di informazione nazionali, una lunga serie di interpretazioni fuorvianti. L’incuria non può essere contrabbandata come rinaturalizzazione. Aspetti importanti, ma parziali, vengono usati come “alibi” per eludere gli interventi che sono prioritari e fondamentali per rimuovere le cause di fenomeni ricorrenti, ovvero per giustificare le omissioni e la “cronica”, storica latitanza del nostro paese nella manutenzione delle opere realizzate, nella pulizia delle briglie e nei disalvei. Va ancora ricordato che il dissesto della montagna ha origine non solo dalle cause naturali e dagli errori dell’uomo ma anche dall’abbandono del territorio a se stesso, dovuto alla fuga delle popolazioni montane che devono sopportare un disagio sempre più evidente. È bene ricordare che quest’esodo è “anche” frutto dell’insipienza legislativa. Venendo meno la presenza dell’uomo in montagna viene a cessare la pulizia delle sponde e degli alvei dei torrenti ; all’abbandono dei coltivi e dei boschi si accompagna la mancata regimazione delle acque che determina frane e smottamenti. Una “buona” politica ambientale deve saper individuare le vere cause del dissesto e per non perseverare nell’incentivare la fuga dell’uomo, deve mettere a disposizione delle popolazioni montane le risorse e i mezzi necessari, finalizzati alla cura, manutenzione e difesa del territorio. 

 

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