I FALò DEL VEGLIA

di Francesca Grazzi

 

 

 
 
La strada che da San Domenico conduce all’Alpe Veglia risale la forra del 
Groppallo e procede fiancheggiata da un lato da pareti rocciose e dall’altro 
dallo strapiombo in fondo al quale scorre il Cairasca. Dopo un ultimo 
sforzo, superata la cappellina, la strada diventa pianeggiante e il percorso 
si trasforma in una passeggiata tra i larici fino a quando ecco apparire, 
quasi all’improvviso, l’ampia e stupenda conca del Veglia, circondata da 
cime belle e severe che raggiungono quote superiori ai 3000 metri. 
  L’incanto di questa vallata riesce sempre a sorprendere, come la prima 
volta che la si è ammirata: la vasta piana in cui l’erba ondeggia al vento 
solcata da torrenti serpeggianti che luccicano al sole come nastri 
d’argenti, i grappoli di baite in pietra armoniosamente inserite 
nell’ambiente, il verde, il grigio e il bianco delle montagne tutt’attorno. 
E si dimentica tutto. L’assurda corsa della vita moderna si lascia laggiù, 
in basso, e qui tutto diventa semplice, l’anima leggera, il sorriso 
spontaneo, la parola facile con tutti. Talvolta però si vorrebbe essere 
soli, forse per lasciarsi assorbire completamente dalla natura 
incontaminata.       
  Per isolarsi è sufficiente sdraiarsi sull’erba e osservare le cime dei 
monti e lo spettacolo del cielo: uno scampolo di azzurro o di grigio, 
grandioso, splendido “in movimento”  quassù. Le nuvole salgono dalla vetta 
del Monte Leone, il più alto con i suoi 3552 metri, come fumo da un grosso 
camino e avanzano veloci assumendo tutte le forme che la fantasia 
suggerisce: una vela bianca, una tendina svolazzante che si trasforma in un 
cono di spuma, spezzettato poi in tanti batuffoli di bambagia. Le varie 
forme disegnano sulle pendici montuose zone d’ombra che fanno risaltare 
maggiormente il verde brillante tutt’attorno. 
  Le ore passano in un mutare continuo di scenari e pensieri, fino a quando 
le nuvole si tingono di rosa, illuminate dagli ultimi raggi di sole che 
danno colore anche alle pareti rocciose e alle lingue di neve e ghiaccio che 
decorano le montagne. E’ ancora il cielo a dare spettacolo nella notte del 
14 agosto, vigilia dell’Assunta, festa tradizionale del Veglia. 
  La luna piena illumina tutta la vallata e i contorni dei monti. Dai vari 
gruppi di casolari cominciano a innalzarsi i falò: ecco quello del 
Cianciavero, seguito da quelli di Aione, Ponte, Isola e Cornu. Del falò 
della Balma si intravede solo il bagliore, poiché il villaggio resta dietro 
una roccia. Anche gli alberghi accendono i loro falò, uno dopo l’altro. E’ 
tutto un brillare di fuochi, uno spettacolo magico, quasi irreale, da 
osservare in silenzio, in una strana sospensione del tempo. Richiamano alla 
realtà i fuochi d’artificio che fanno esplodere la notte in caleidoscopio di 
mille colori che illuminano le cime dei monti di insoliti puntini rossi, 
verdi, viola. 
  Poi di nuovo il silenzio della notte, cadenzato solo dallo scorrere del 
torrente, nella pace di sempre. 
 
 
24-8-2000